"NULLA È MENO SCIENTIFICO DI NEGARE CIÒ CHE NON SI SPIEGA...." Jean Valnet

domenica 12 febbraio 2012

La Mente "Pensante", Meditazione e dintorni: una difesa dell'Io.


Nelle tradizioni filosofiche orientali – cosi come ci vengono tramandate nei centri di meditazione occidentali – ricorre spesso il concetto di “uccidere” la mente di farne cessare il lavorìo....
Tutto giusto e condivisibile ma, anche alla luce delle considerazioni del precedente post (Le-basi-corporee-della-coscienza….. del 11/02/2012), mi sembra doveroso spendere qualche parola di chiarimento sul significato funzionale della “mente pensante” e spezzare una lancia a favore dell’Io.

Con un’astrazione concettuale, definiamo l’Io il senso del Sé ossia quella struttura/funzione psichica che ponendosi come confine tra il Sé individuale e l’ambiente ne organizza lo scambio.
“Senza un confine non esisterebbe né il Sé né la coscienza”.[1]

Come ho tentato di illustrare nel precedente post una simile funzione ha precise basi corporee ed è stata affinata dalla nostra storia evolutiva per permettere di percepirci e di organizzare comportamenti congruenti e adattivi (al solo fine della sopravvivenza) agli stimoli esterni.

Da ciò discendono a mio parere due conseguenze logiche:
a)     non è possibile liberarsi definitivamente  del confine dell’Io;
b)  non dobbiamo a tutti i costi demonizzare la mente cercando ostinatamente di “smorzarla”, poiché questo sarebbe solo fonte di ulteriori costrizioni ansiogene e di contrazioni muscolari.


Ciò che si tenta correttamente di conseguire con la pratica meditativa è la consapevolezza propriocettiva “estesa” di tutto il nostro essere, tentando di far si che il rumore di fondo della mente non sia soverchiante.
Ciò che si vuole arginare è il “super-ruolo” dell’Io, direi la sua sclerotizzazione come confine, che si manifesta:
-       quando lo spazio del piacere del fare (anche professionale) è invaso dalle infestanti aspirazioni egoiche di potere;
-       quando la palpitante intimità fisica (che si può provare anche in assenza di Amore) è stata soppiantata dall’ansia della perfomance e dal laboratorio pornografico;
-       quando il “sentire” il proprio corpo è stato sfrattato dal delirio onnipotente di superarne ad ogni costo i limiti e di poterlo rimodellare a servizio di una perniciosa idea di esibizione;


In tutti questi e altri casi non è l’Io, la mente “pensante” che svolge un ruolo invadente e inopportuno.
In realtà il povero Io tenta disperatamente di svolgere il ruolo che gli è proprio: quello di organizzare al meglio la nostra esistenza. E’ che, come un membro di un più complesso equipaggio, si trova solo sulla nave a “vicariare” il lavoro di altri.
Esso (l’Io) è stato vittima di un complotto di abbandono e tenta disperatamente e incautamente – con le sue sole competenze - di continuare la traversata della vita.
In realtà l’abbandono è avvenuto a cura del nucleo energetico centrale: quello per cui sentiamo l’energia promanare da noi, quello che ci tende istintivamente verso il piacere e la Gioia.
Ciò che ha reciso la connessione profonda tra questo nucleo e l’Io è stata probabilmente un’interruzione, antica, del legame di amore.

Per questo ritengo che ogni lavoro di rilassamento e, più in generale di auto-consapevolezza, vada condotto togliendo prima ciò che vi è di troppo. Altrimenti si rischia di sostituire una “sovrastruttura” con un'altra, fornendo ancora più combustibile a quella mente che si pretende di spegnere.
Come dice egregiamente Lowen “Per quanto intensa possa essere, la meditazione non riesce a far piangere l’individuo il cui impulso al pianto sia stato represso.”[2]




[1] Alexander Lowen “La spiritualità nel corpo” – Casa Ed. Astrolabio. Pag.30
[2] ibid., pag.22.

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