La voce è il massimo strumento di auto espressione del mondo animale.
Anche nel caso dell’uomo, ancor prima della parola (di cui la voce diventa
strumentale) essa assolve una grande funzione espressiva.
Nel neonato i gorgoglii (e il pianto che della voce si avvale) sono la
primaria forma di espressione nel mondo, la modalità unica con cui egli
manifesta emozioni (a prescindere che possa esserne consapevole o no) e con cui
sperimenta nel corpo sensazioni legate alle proprie potenzialità espressive.
Attraverso i “versi” il
neonato mette in campo le sue capacità di emulazione e rispecchiamento e pone,
pertanto, le basi dello scambio comunicativo.
Questa è la primordiale modalità con cui l’individuo, in quella fase di
vita, esercita i diritti fondamentali di: esistere e di avere bisogno.
Ciò detto, si capisce come la voce e la sua manifestazione siano
fondamentali per l’individuo.
Ecco perché personalmente ritengo che tutti i lavori interessanti che
possono farsi con e sulla voce
(penso alle varie tecniche di vocalizzazioni), come pure la ricerca dell’arricchimento
spirituale ed energetico attraverso canti e mantra, debbano essere
preceduti da un lavoro
propedeutico volto a “trovare” la propria specifica voce, mediante la
liberazione da tutte le inibizioni muscolari (specchio di altrettante
inibizioni emotive) che ne costringono e limitano l’espressione (e l’espressività).
Conosco per esperienza personale la potenza della recitazione dei
mantra, si tratta di una pratica che lavora potentemente su piani energetici
sottili e non necessità di propedeutici lavori di rilassamento, ma per
sperimentarne l’efficacia bisogna “essere in contatto” e ciò accade soltanto quando si è sgomberato il
campo da “scorie” e rigidità personali.
Occorre fare spazio e pulizia per lasciare entrare qualcosa!
Ritengo che un lavoro simile vada affrontato – preliminarmente o
simultaneamente – anche nel caso specifico del percorso didattico seguito dai
cantanti (professionali e non).
Qui però è doverosa una puntualizzazione: sebbene i due lavori siano
complementari, essi vanno concettualmente distinti.
Il lavoro di cui parlo è un tipo di percorso volto a far emergere la
naturale spontaneità dell’auto-espressione; il percorso didattico dei cantanti è
invece, per quel poco che ne so, un percorso orientato all’attenzione e al controllo
specifico dell’emissione sonora.
E’ mio interesse concentrarmi solo sul primo tipo di lavoro, lasciando a
chi a competenze in materia d’insegnamento di canto eventuali considerazioni
aggiuntive con riferimento al lavoro didattico vero e proprio.
Del resto il trovare la propria voce è un concetto condiviso anche in
altri sistemi culturali che impiegano la sonorità (del voce umana e degli
strumenti vibratori) per finalità terapeutiche in senso lato.
Nel Nada Yoga (c.d. Yoga del suono), ad esempio, si tenta di trovare la
propria nota naturale detta nota tonica (individuata con tecniche di
rilassamento) per poi lavorare vocalizzando una quinta e una ottava sopra.
Al di là dell’approccio specifico proposto dal Nada Yoga, vediamo come
si può strutturare un lavoro teso a liberare la forza espressiva della nostra
voce.
Va preliminarmente fatto notare che i blocchi fisici (e le
corrispondenti inibizioni emotive), che hanno effetto sulla voce (in particolar
modo sulla sua profondità, timbro e utilizzo spontaneo degli armonici), possono
essere localizzati in quattro distretti corporei:
1) nella zona diaframmatica;
2) nel cingolo scapolare e nei muscoli che ne controllano la
sospensione (il cingolo scapolare, costituito da scapole e clavicole, è
infatti molto mobile e può considerarsi sospeso sulla struttura portante dello
scheletro assile, mediante un sistema di trazione che connette e coinvolge
diverse catene muscolari. Esso è poi unito al tronco da una “fionda di sostegno”
costituita dal muscolo grande dorsale e dai pettorali);
3) nei muscoli del collo
(opportunamente distinti tra parte posteriore – muscoli retti, obliqui e
splenii - preminentemente destinata a garantire la posizione della testa e
parte anteriore – muscoli scaleni e muscolatura estrinseca e intrinseca della
laringe - con una funzione preminente di flessione e di mobilità laringea);
4) nei muscoli della zona della
bocca e regione facciale limitrofa (muscoli che assicurano la mobilità
della lingua, della mandibola, muscoli che assicurano l’apertura della bocca: digastrico,
omoiodeo, orbicolare della bocca, muscoli pterigoidei ne sono qualche esempio.).
L’ordine in cui li ho esposti è, nella generalità dei casi,
significativo.
Infatti, un blocco della zona diaframmatica comporta un deficit nella
respirazione c.d. addominale, con maggior impegno funzionale dei muscoli
coinvolti nella respirazione toracica ( intercostali, pettorali, scaleni) e
conseguente “incasso” del cingolo scapolare.
La tensione muscolare di norma associata a questa respirazione alterata,
con il suo effetto contratturante sul muscolo trapezio (e sull’elevatore della
scapola), fa il resto!
I muscoli ricompresi nei distretti nn. 3 e 4 sono preminentemente influenzati da dinamiche emotive
connesse a esperienze inibitorie che si sono strutturate nella corazza
posturale.
In particolare, un’emozione, più o meno persistente, di paura porta all’irrigidimento
del collo nella parte posteriore (pensate alla reazione posturale immediata ad
un improvviso spavento!) i muscoli della parte anteriore che funzionalmente
sono deputati principalmente
(anche se non solo) alla flessione del capo subiscono uno stress persistente in
allungamento.
Tutti i muscoli della zona n. 4
hanno un evidente collegamento con le funzioni primordiali del succhiare, del
mordere del digrignare i denti e sono quindi connessi alle forme di auto
espressione base e alle emozioni di rabbia e aggressività. Un controllo (o un’inibizione
emotiva atavica di quelle funzioni primordiali) di tali emozioni comporta una
conseguente contrattura di questi muscoli.
Gli effetti sulla qualità e sull’equilibrio della nostra voce sono
evidenti.
Vorrei fare osservare come tale mappa anatomica delle contratture (e la
sottostante chiave di lettura bioenergetica) trovi riscontro nel sistema
indiano dei chakra.
Nella gola (e nella parte posteriore del collo quasi a contatto con la
nuca) tale sistema di pensiero colloca il quinto chakra.
Come noto, si tratta di un vortice energetico deputato all’espressione
di sé; alla comunicazione e la capacità di assumersi la responsabilità delle
proprie azioni e scelte. Il suo aspetto posteriore (quello collocabile tra nuca
e collo) secondo la concezione ayurvedica è il collettore delle informazioni
ambientali e la fucina delle convinzioni interiorizzate con riguardo alla
nostra assertività.
E’ sorprendente come i due sistemi (bioenergetico e ayurvedico) arrivino
alle medesime deduzioni!
Come andare a operare su tale corazza per liberare l’espressione vocale?
Personalmente ritengo utile applicare, in via preliminare, un protocollo
di manovre che mirino a mobilizzare il diaframma e il cingolo scapolare e
favoriscano il rilassamento dei piccoli muscoli obliqui e retti che collegano
le prime due vertebre cervicali all’occipite.
Sono altresì utili pressioni volte ad allentare la tensione della
mandibola, ad esempio lungo il decorso dei pterigoidei (sotto il massetere),
praticate con attenzione e perizia per non danneggiare né la capsula articolare
della mandibola né le limitrofe ghiandole parotidee.
Ciò però richiede l’intervento di un esperto e non può essere praticato
da soli.
Che fare allora come auto esercizio?
Innanzitutto occorre che prendiate consapevolezza di dove si annidano le
vostre tensioni e partendo da tale acquisizione cominciare ad allentarle.
E un lavoro progressivo, lungo e ricorrente che potrete sperimentare, a
seconda delle circostanze, in diverse posizioni (sdraiati, seduti o in piedi).
Allora cominciate con l’ascoltare il vostro respiro, senza tentare di
alterarlo; è sufficientemente addominale? Riuscite a percepirne la naturale spinta
delle viscere addominali verso il basso (deve trattarsi di un movimento ampio
ma naturale non devono essere i muscoli addominali che si protendono
attivamente all’infuori)? Se si bene, il vostro diaframma è sufficiente libero
altrimenti nessun giudizio.
Sintonizzatevi sul vostro respiro: magari da sdraiati supini mettete una
mano sotto l’ombelico e provate rilassatamente a percepire l’addome che si
abbassa a ogni ispirazione.
A ogni espirazione provate a percepire le vostre scapole che scendono
impercettibilmente verso i glutei (non dev’essere un movimenti attivo,
muscolare, ma un semplice lasciar andare).
Nelle Upanishad – raccolta
di testi sacri indiani – esiste un mantra “Ham
so” (la cui funzione non è il caso di approfondire qui) il cui suono è
ritenuto onomatopeico del ritmo respiratorio. Ecco, respiriamo naturalmente
focalizzando la nostra attenzione sui suoni (sottili) prodotti dall’ispirazione
e dall’espirazione. Proviamo anche a sentire a ogni ispirazione e a ogni
espirazione il battito cardiaco. Lasciamoci cullare dal nostro ritmo
respiro-battito.
Percepiamo la tensione esistente a livello delle scapole e delle
clavicole, fate delle lente rotazioni avanti e indietro e poi lasciate andare,
cercate di stare morbidi e portate l’attenzione sulla sommità delle spalle all’acroniom
(la “bozzetta” ossea le spalle e pensate di lasciarle andare mentre immaginate
che si “apra” impercettibilmente l’articolazione tra clavicole e sterno).
Nella tradizione sciamanica Hawaiana (Huna) si enuncia, tra l’altro, un
principio che dice: “l’energia fluisce
dove va l’attenzione”. Sto facendo approfondimenti per ravvisarne conferma
nei meccanismi neurofisiologici del nostro cervello, ma so, empiricamente, che è
profondamente vero!
E allora: Non dovrete far altro che sentire amorevolmente quella parte
del vostro corpo che cercate di rilassare.
Comprimete le labbra tra loro e poi rilassatele, passate la vostra
lingua delicatamente su di loro; giocate con esse (come fanno le donne per sistemare
il rossetto).
Ciò vale anche per la mandibola: fate prima un esercizio attivo di
delicata apertura e chiusura della bocca; siate dolci con voi stessi.
Provate a far scendere delicatamente la mandibola cercando di portare la
consapevolezza sul movimento del muscolo omoioideo che collega l’interno della
mandibola all’osso iode, isolate la percezione di tale micromovimento. E poi cercate
di lasciate andare. Restate a bocca delicatamente semichiusa. Abbandonate la
mandibola alla forza di gravità e percepite come i legamenti che collegano la
mandibola all’occipite si allungano dolcemente.
Fate delle rotazioni delicate con la testa a destra e sinistra, delle
ancor più delicate estensioni del collo e poi flettetelo a destra e sinistra.
Giocate con la vostra lingua, estraendola tesa da dentro a fuori a bocca
aperta ma senza far oscillare la mandibola. E poi passatela, a bocca chiusa, sulla
parete interna delle vostre guance, in un verso e poi nell’altro.
Portate ora l’attenzione sulla laringe (è il tubo cartilagineo che negli
uomini si trova in corrispondenza del ‘pomo di adamo’); fate delle ispirazioni
forzate: sentite come scende nel collo?
Il contrario (la laringe sale) quando fate delle espirazioni forzate, c’è
la sensazione di nodo alla gola? Deglutite e muovete nuovamente il collo, flettendolo
a destra e sinistra, e sentite come va.
Tutta la muscolatura della laringe riceve innervazione dal nervo vago.
Siccome si tratta anche di un’innervazione sensitiva la mobilizzazione contribuirà,
per via riflessa, a stimolare il
sistema parasimpatico, favorendo un rilassamento generale.
Fate un’ispirazione naturale ed espirando - con tono di voce rilassato e
naturale, volume medio e bocca ben articolata - emettete una A.
Ripetete per tutte le vocali. Riuscite a percepire per le singole vocali
una variazione di frequenza (intensità del suono)?
Riuscite a isolare dove risuona l’emissione della vocale nella laringe e
nelle strutture sovrastanti (bocca, fosse nasali..).
Provate a ripetere l’esercizio poggiando due dita sulle vertebre
cervicali tra C4 e C6. Sentite come la A vibra più nella parte anteriore della
laringe? Mentre la E alla base della lingua e la I più verso il palato molle?
Fatelo più volte. Giocate con la vostra voce.
Vi vengono suoni gutturali o piuttosto strilli? fateli!!
E poi usate gli arpeggi (MA ME MI MO MU) salite di un’ottava, aprite il
cuore!
E poi cantate: canzoni che vi piacciono e che conoscete. Osate!
Lasciate che il suono, senza forzarlo, arrivi da mezzo al petto; sentite
che l’aria che fa vibrare le corde vocali producendo il suono metta in
connessione torace e bocca.
Sperimentate questo senso di unità!
Buoni vocalizzi a tutti!
Il vostro Lucio