"NULLA È MENO SCIENTIFICO DI NEGARE CIÒ CHE NON SI SPIEGA...." Jean Valnet

giovedì 1 dicembre 2011

IL POTERE TERAPEUTICO DELLA VOCE: Una rivisitazione bioenergetica.


La voce è il massimo strumento di auto espressione del mondo animale.
Anche nel caso dell’uomo, ancor prima della parola (di cui la voce diventa strumentale) essa assolve una grande funzione espressiva.
Nel neonato i gorgoglii (e il pianto che della voce si avvale) sono la primaria forma di espressione nel mondo, la modalità unica con cui egli manifesta emozioni (a prescindere che possa esserne consapevole o no) e con cui sperimenta nel corpo sensazioni legate alle proprie potenzialità espressive.
 Attraverso i “versi” il neonato mette in campo le sue capacità di emulazione e rispecchiamento e pone, pertanto, le basi dello scambio comunicativo.
Questa è la primordiale modalità con cui l’individuo, in quella fase di vita, esercita i diritti fondamentali di: esistere e di avere bisogno.

Ciò detto, si capisce come la voce e la sua manifestazione siano fondamentali per l’individuo.

Ecco perché personalmente ritengo che tutti i lavori interessanti che possono farsi con e sulla voce (penso alle varie tecniche di vocalizzazioni), come pure la ricerca dell’arricchimento spirituale ed energetico attraverso canti e mantra, debbano essere preceduti  da un lavoro propedeutico volto a “trovare” la propria specifica voce, mediante la liberazione da tutte le inibizioni muscolari (specchio di altrettante inibizioni emotive) che ne costringono e limitano l’espressione (e l’espressività).

Conosco per esperienza personale la potenza della recitazione dei mantra, si tratta di una pratica che lavora potentemente su piani energetici sottili e non necessità di propedeutici lavori di rilassamento, ma per sperimentarne l’efficacia bisogna “essere in  contatto” e ciò accade soltanto quando si è sgomberato il campo da “scorie” e rigidità personali.

Occorre fare spazio e pulizia per lasciare entrare qualcosa!

Ritengo che un lavoro simile vada affrontato – preliminarmente o simultaneamente – anche nel caso specifico del percorso didattico seguito dai cantanti (professionali e non).

Qui però è doverosa una puntualizzazione: sebbene i due lavori siano complementari, essi vanno concettualmente distinti.
Il lavoro di cui parlo è un tipo di percorso volto a far emergere la naturale spontaneità dell’auto-espressione; il percorso didattico dei cantanti è invece, per quel poco che ne so, un percorso orientato all’attenzione e al controllo specifico dell’emissione sonora.

E’ mio interesse concentrarmi solo sul primo tipo di lavoro, lasciando a chi a competenze in materia d’insegnamento di canto eventuali considerazioni aggiuntive con riferimento al lavoro didattico vero e proprio.

Del resto il trovare la propria voce è un concetto condiviso anche in altri sistemi culturali che impiegano la sonorità (del voce umana e degli strumenti vibratori) per finalità terapeutiche in senso lato.
Nel Nada Yoga (c.d. Yoga del suono), ad esempio, si tenta di trovare la propria nota naturale detta nota tonica (individuata con tecniche di rilassamento) per poi lavorare vocalizzando una quinta e una ottava sopra.
Al di là dell’approccio specifico proposto dal Nada Yoga, vediamo come si può strutturare un lavoro teso a liberare la forza espressiva della nostra voce.

Va preliminarmente fatto notare che i blocchi fisici (e le corrispondenti inibizioni emotive), che hanno effetto sulla voce (in particolar modo sulla sua profondità, timbro e utilizzo spontaneo degli armonici), possono essere localizzati in quattro distretti corporei:

1) nella zona diaframmatica;
2) nel cingolo scapolare e nei muscoli che ne controllano la sospensione (il cingolo scapolare, costituito da scapole e clavicole, è infatti molto mobile e può considerarsi sospeso sulla struttura portante dello scheletro assile, mediante un sistema di trazione che connette e coinvolge diverse catene muscolari. Esso è poi unito al tronco da una “fionda di sostegno” costituita dal muscolo grande dorsale e dai pettorali);
3) nei muscoli del collo (opportunamente distinti tra parte posteriore – muscoli retti, obliqui e splenii - preminentemente destinata a garantire la posizione della testa e parte anteriore – muscoli scaleni e muscolatura estrinseca e intrinseca della laringe - con una funzione preminente di flessione e di mobilità laringea);
4) nei muscoli della zona della bocca e regione facciale limitrofa (muscoli che assicurano la mobilità della lingua, della mandibola, muscoli che assicurano l’apertura della bocca: digastrico, omoiodeo, orbicolare della bocca, muscoli pterigoidei ne sono qualche esempio.).

L’ordine in cui li ho esposti è, nella generalità dei casi, significativo.

Infatti, un blocco della zona diaframmatica comporta un deficit nella respirazione c.d. addominale, con maggior impegno funzionale dei muscoli coinvolti nella respirazione toracica ( intercostali, pettorali, scaleni) e conseguente “incasso” del cingolo scapolare.
La tensione muscolare di norma associata a questa respirazione alterata, con il suo effetto contratturante sul muscolo trapezio (e sull’elevatore della scapola), fa il resto!

I muscoli ricompresi nei distretti nn. 3 e 4 sono preminentemente influenzati da dinamiche emotive connesse a esperienze inibitorie che si sono strutturate nella corazza posturale.
In particolare, un’emozione, più o meno persistente, di paura porta all’irrigidimento del collo nella parte posteriore (pensate alla reazione posturale immediata ad un improvviso spavento!) i muscoli della parte anteriore che funzionalmente sono  deputati principalmente (anche se non solo) alla flessione del capo subiscono uno stress persistente in allungamento.
Tutti i muscoli della zona n. 4 hanno un evidente collegamento con le funzioni primordiali del succhiare, del mordere del digrignare i denti e sono quindi connessi alle forme di auto espressione base e alle emozioni di rabbia e aggressività. Un controllo (o un’inibizione emotiva atavica di quelle funzioni primordiali) di tali emozioni comporta una conseguente contrattura di questi muscoli.

Gli effetti sulla qualità e sull’equilibrio della nostra voce sono evidenti.

Vorrei fare osservare come tale mappa anatomica delle contratture (e la sottostante chiave di lettura bioenergetica) trovi riscontro nel sistema indiano dei chakra.
Nella gola (e nella parte posteriore del collo quasi a contatto con la nuca) tale sistema di pensiero colloca il quinto chakra.
Come noto, si tratta di un vortice energetico deputato all’espressione di sé; alla comunicazione e la capacità di assumersi la responsabilità delle proprie azioni e scelte. Il suo aspetto posteriore (quello collocabile tra nuca e collo) secondo la concezione ayurvedica è il collettore delle informazioni ambientali e la fucina delle convinzioni interiorizzate con riguardo alla nostra assertività.
E’ sorprendente come i due sistemi (bioenergetico e ayurvedico) arrivino alle medesime deduzioni!

Come andare a operare su tale corazza per liberare l’espressione vocale?

Personalmente ritengo utile applicare, in via preliminare, un protocollo di manovre che mirino a mobilizzare il diaframma e il cingolo scapolare e favoriscano il rilassamento dei piccoli muscoli obliqui e retti che collegano le prime due vertebre cervicali all’occipite.
Sono altresì utili pressioni volte ad allentare la tensione della mandibola, ad esempio lungo il decorso dei pterigoidei (sotto il massetere), praticate con attenzione e perizia per non danneggiare né la capsula articolare della mandibola né le limitrofe ghiandole parotidee.

Ciò però richiede l’intervento di un esperto e non può essere praticato da soli.

Che fare allora come auto esercizio?

Innanzitutto occorre che prendiate consapevolezza di dove si annidano le vostre tensioni e partendo da tale acquisizione cominciare ad allentarle.

E un lavoro progressivo, lungo e ricorrente che potrete sperimentare, a seconda delle circostanze, in diverse posizioni (sdraiati, seduti o in piedi).

Allora cominciate con l’ascoltare il vostro respiro, senza tentare di alterarlo; è sufficientemente addominale? Riuscite a percepirne la naturale spinta delle viscere addominali verso il basso (deve trattarsi di un movimento ampio ma naturale non devono essere i muscoli addominali che si protendono attivamente all’infuori)? Se si bene, il vostro diaframma è sufficiente libero altrimenti nessun giudizio.
Sintonizzatevi sul vostro respiro: magari da sdraiati supini mettete una mano sotto l’ombelico e provate rilassatamente a percepire l’addome che si abbassa a ogni ispirazione.
A ogni espirazione provate a percepire le vostre scapole che scendono impercettibilmente verso i glutei (non dev’essere un movimenti attivo, muscolare, ma un semplice lasciar andare).
 Nelle Upanishad – raccolta di testi sacri indiani – esiste un mantra “Ham so” (la cui funzione non è il caso di approfondire qui) il cui suono è ritenuto onomatopeico del ritmo respiratorio. Ecco, respiriamo naturalmente focalizzando la nostra attenzione sui suoni (sottili) prodotti dall’ispirazione e dall’espirazione. Proviamo anche a sentire a ogni ispirazione e a ogni espirazione il battito cardiaco. Lasciamoci cullare dal nostro ritmo respiro-battito.

Percepiamo la tensione esistente a livello delle scapole e delle clavicole, fate delle lente rotazioni avanti e indietro e poi lasciate andare, cercate di stare morbidi e portate l’attenzione sulla sommità delle spalle all’acroniom (la “bozzetta” ossea le spalle e pensate di lasciarle andare mentre immaginate che si “apra” impercettibilmente l’articolazione tra clavicole e sterno).
Nella tradizione sciamanica Hawaiana (Huna) si enuncia, tra l’altro, un principio che dice: “l’energia fluisce dove va l’attenzione”. Sto facendo approfondimenti per ravvisarne conferma nei meccanismi neurofisiologici del nostro cervello, ma so, empiricamente, che è profondamente vero!
E allora: Non dovrete far altro che sentire amorevolmente quella parte del vostro corpo che cercate di rilassare.
Comprimete le labbra tra loro e poi rilassatele, passate la vostra lingua delicatamente su di loro; giocate con esse (come fanno le donne per sistemare il rossetto).

Ciò vale anche per la mandibola: fate prima un esercizio attivo di delicata apertura e chiusura della bocca; siate dolci con voi stessi.
Provate a far scendere delicatamente la mandibola cercando di portare la consapevolezza sul movimento del muscolo omoioideo che collega l’interno della mandibola all’osso iode, isolate la percezione di tale micromovimento. E poi cercate di lasciate andare. Restate a bocca delicatamente semichiusa. Abbandonate la mandibola alla forza di gravità e percepite come i legamenti che collegano la mandibola all’occipite si allungano dolcemente.
Fate delle rotazioni delicate con la testa a destra e sinistra, delle ancor più delicate estensioni del collo e poi flettetelo a destra e sinistra.
Giocate con la vostra lingua, estraendola tesa da dentro a fuori a bocca aperta ma senza far oscillare la mandibola. E poi passatela, a bocca chiusa, sulla parete interna delle vostre guance, in un verso e poi nell’altro.
Portate ora l’attenzione sulla laringe (è il tubo cartilagineo che negli uomini si trova in corrispondenza del ‘pomo di adamo’); fate delle ispirazioni forzate: sentite come scende nel collo?
Il contrario (la laringe sale) quando fate delle espirazioni forzate, c’è la sensazione di nodo alla gola? Deglutite e muovete nuovamente il collo, flettendolo a destra e sinistra, e sentite come va.
Tutta la muscolatura della laringe riceve innervazione dal nervo vago. Siccome si tratta anche di un’innervazione sensitiva la mobilizzazione contribuirà, per via riflessa, a stimolare  il sistema parasimpatico, favorendo  un rilassamento generale.
Fate un’ispirazione naturale ed espirando - con tono di voce rilassato e naturale, volume medio e bocca ben articolata  - emettete una A.
Ripetete per tutte le vocali. Riuscite a percepire per le singole vocali una variazione di frequenza (intensità del suono)?
Riuscite a isolare dove risuona l’emissione della vocale nella laringe e nelle strutture sovrastanti (bocca, fosse nasali..).
Provate a ripetere l’esercizio poggiando due dita sulle vertebre cervicali tra C4 e C6. Sentite come la A vibra più nella parte anteriore della laringe? Mentre la E alla base della lingua e la I più verso il palato molle?
Fatelo più volte. Giocate con la vostra voce.

Vi vengono suoni gutturali o piuttosto strilli? fateli!!

E poi usate gli arpeggi (MA ME MI MO MU) salite di un’ottava, aprite il cuore!
E poi cantate: canzoni che vi piacciono e che conoscete. Osate!
Lasciate che il suono, senza forzarlo, arrivi da mezzo al petto; sentite che l’aria che fa vibrare le corde vocali producendo il suono metta in connessione torace e bocca.
Sperimentate questo senso di unità!
Buoni vocalizzi a tutti!

Il vostro Lucio

3 commenti:

  1. Davvero bell'articolo!
    son contento di aver trovato questo blog...
    buone informazioni alla portata di tutti ^_^
    grazie
    Caru

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  2. Interessantissimo!! Grazie!! Non riesco a visualizzare il tuo indirizzo mail.. come faccio a contattarti? Silvia

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    1. buongiorno, Silvia puoi contattarmi sulla mail (tasto "CONTATTAMI": info.labottegadegliolistici@yahoo.it;
      grazie per l'apprezzamento!

      Lucio

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