Cari amici
Olistici,
eccomi di
nuovo a voi per un repentino aggiornamento all’ultimo post (Malattia: accidente
esterno o fenomeno “riparatore”?).
L’occasione è
fornita dalla notizia di ieri circa indagini della Procura di Roma sulla morte
di 3 giovani persone, per assunzione di un farmaco antiobesità.
Ciò che ha
richiamato la mia attenzione è stata la facilità con cui, nella fattispecie,
alcuni centri estetici (!!) (e compiacenti medici c.d. “responsabili”) hanno
prescritto farmaci già dichiarati pericolosi dalla Ministero della Salute senza
– cosi almeno riportava la notizia televisiva – aver informato i pazienti sulla
tipologia ed effetti collaterali del farmaco!
Ecco un
esempio, purtroppo drammatico, dell’uso indiscriminato e disinvolto dei farmaci,
di cui parlavo ieri.
Il mio invito
(soprattutto in casi come questi di lieve obesità) è di rimettere se stessi al
centro delle proprie scelte di salute e non guardare alla guarigione come a un
risultato esterno da sé, da delegare incondizionatamente a qualcun altro.
Amiamo invece
il nostro corpo!
Sentiamone la
comunione con il “Tutto”: con la forza del Sole; con la bellezza e la potenza
della natura che ci circonda.
Torniamo ad
ascoltarne i movimenti: da quelli di deambulazione ai ritmi interni del
respiro, del battito cardiaco, dei borborigmi della peristalsi.
Tale ascolto è
di per sé meditazione!
Siamo stati
congegnati per essere “sistema autosufficiente” dal lato della salute e
organismo in perfetto e perpetuo scambio con ogni piccola modificazione
dell’ambiente che ci circonda.
Sentiamo la
bellezza, la completezza, il sincronismo del nostro organismo.
Ciò è ancora
più facile quando non siamo fiaccati nello spirito dalla sofferenza della
malattia; e allora giochiamo di prevenzione. Riprendiamoci l’ascolto della
salute!
Voglio
cogliere l’occasione per un’integrazione al post di ieri in cui ho parlato del
significato “terapeutico” della malattia.
Consentitemi
di palesare qui una mia personale visione mistica, che va oltre la
strumentalità della malattia, nel senso cui ho fatto cenno ieri, e ne considera
invece gli aspetti più “ontologici”.
Ritengo in
proposito che tutto l’Universo costituisca un unico grande organismo.
Esseri
viventi, minerali, montagne sono tutti costituiti della stessa materia; sono dunque diverse espressioni fenomeniche
dello stesso principio.
Cambia
“l’assemblaggio”; varia l’organizzazione funzionale della materia; muta la sua
composizione chimica, magari lo stato di aggregazione, ma i “mattoni”
costituenti sono gli stessi.
Solo la mente,
per ovvie ragioni, ci fa leggere questa realtà come eterogenea, abbacinati come
i prigionieri della caverna di Platone.
Questa
concezione affonda le radici in diverse tradizioni di pensiero arcaico e
primitivo.
Gli echi di
una simile visione (non voglio parlare di prove, in quanto ciò richiedere
l’effettuazione di esperimenti scientifici mirati) si riscontrano oggi in tante
asserzioni della Scienza ufficiale.
Solo per
citare alcuni esempi, sembrano andare in questa direzione:
Il considerare
le quattro forze fondamentali dell’Universo (gravità; elettromagnetismo; forza
nucleare forte; forza nucleare debole) come espressioni distinte di un’unica
forza;
l’assunto di
De Broglie, secondo cui la materia può essere in modo equivalente intesa in termini
di onde o particelle;
i recentissimi
esperimenti sulla velocità dei “neutrini”.
Se ciò è vero,
allora, la nostra malattia accade perché si è prodotto qualcos’altro in qualche
altro punto di questo organismo integrato. La nostra malattia è funzionale
all’equilibrio del Tutto.
Non è la
visione cristiana della sofferenza “offerta”, ma è un principio di
compensazione energetica.
Tale
convinzione non fa dell’ammalato una sorta di “capro espiatorio” cosmico; anzi
dovrebbe essere di conforto poiché il Tutto, di cui ognuno di noi è espressione
e replica, tende al suo (e quindi al nostro) bene.
In quanto
parte che replica e condivide la natura del Tutto, siamo essere perfetti eterni
e votati alla Gioia!!
La malattia è
allora il messaggero inviatoci in quel momento per integrare e far esprimere
appieno questa nostra natura
divina dentro l’esperienza umana.
Ognuno di noi
è infatti espressione di una dimensione divina e una umana.
La prima è la
nostra replica del Tutto che esiste ed è eterno, la seconda è rappresentata
dall’Io senziente , dalla sue illusioni, dalla mente raziocinante, dualistica e
volitiva.
La malattia
viene a integrare tali due dimensioni; consente la crescita spirituale della
dimensione umana poiché interviene laddove la dimensione umana è, nonostante le
nostre apparenti intenzioni, di intralcio alla piena espressione della nostra
natura divina.
Per questo interviene la malattia, non
come punizione, ma come fenomeno riparatore che vuole ricostituire quella
connessione cui la nostra dimensione umana sta diventando di ostacolo (con
comportamenti, stili di vita, esposizione a ogni possibile agente “patogeno” di
squilibrio).
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